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a pochi passi da me e sono immagini che continuo a
sognare. Non ricordo una notte senza incubi da lungo
tempo».
Nel 2022, quando è cominciata l’invasione su larga
scala, aveva 21 anni e tutt’altri programmi in mente:
studiare, laurearsi in ingegneria informatica e cercare
un lavoro. «Quel 24 febbraio è finito tutto – ricorda –
ma allora, ognuno di noi, per quanto non avesse mai
messo in conto che avrebbe dovuto combattere,
uccidere, rischiare la vita, si sentiva pronto a farlo
per difendere questo Paese. Oggi, dopo tante vittime,
tanti morti senza un perché, tanto dolore, vorrei
solo che la guerra finisse». Il retro del suo pick-up è
stato decorato con la bandiera ucraina e una serie
di fotografie scattate con i commilitoni in momenti di
svago. «Alcuni di loro non ci sono più – dice Alexander
– in questo modo li porto con me».
«Il morale dei soldati al fronte è messo ogni giorno
a dura prova, così come la loro salute mentale»,
racconta Roman Megianiv, cappellano militare che
si prepara a partecipare a un incontro interreligioso
con le madri dei militari, che chiedono notizie dei
figli, vogliono capire come stanno, come trascorrono
le giornate, se mangiano abbastanza, se la notte
riescono a dormire in luoghi non troppo scomodi.
Nessuna di loro fa domande specifiche sulla guerra,
come a voler dimenticare per un attimo il motivo
dell’allontanamento dei loro figli da casa. «Quando
rientrano dai giorni più intensi in prima linea
appaiono frastornati, provati non solo fisicamente, ma
segnati nell’anima – continua Megianiv – a nessuno
piace dover difendere sé stesso e i propri compagni
sacrificando delle vite umane, soprattutto per chi ha
fede. Anche i casi di disturbi mentali sono in aumento
e qualcuno mi ha confidato di avere avuto pensieri
suicidi. A volte il clima di fratellanza che si crea aiuta
a tenere alto il morale, ma non sempre basta».
Quante siano, a oggi, le vittime di questa guerra,
non è dato saperlo con precisione: come in tutti i
conflitti, è quasi impossibile stabilire il numero reale
di morti e feriti, a causa delle difficoltà sul campo e
della tendenza dei governi a minimizzarlo per non
mostrarsi vulnerabili.
Secondo Kyiv Independent, che ha ripreso i dati diffusi
dall’Economist, i soldati ucraini che fino al novembre
scorso avevano perso la vita sono stati fra i 60mila e
i 100mila, quelli russi sono circa il doppio, 800mila in
totale i feriti su entrambi i fronti.
«Un’enormità – dice Anna Malienko, dell’Associazione
dei Veterani di Dnipro – e dobbiamo pensare che
spesso si tratta di giovanissimi che non avranno più
la possibilità di costruirsi un futuro a causa di una
guerra che non hanno voluto». Anna ha un figlio poco
più che ventenne al fronte: «Quando è stato chiamato
per andare a combattere, ho deciso che avrei fatto
qualcosa per aiutarlo, anche a distanza, così con
mio marito abbiamo pensato di fondare questa
associazione, che non solo organizza raccolte di beni
di prima necessità per i soldati, ma anche percorsi di
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