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GRAZIA TEDESCO
            Paola Del Din



            l’esempio di una donna che ha precorso i tempi                                                    INTERVISTA


            A 25 anni dall’ingresso ufficiale delle
            donne nelle Forze Armate, vale la pena
            raccontare la storia di una donna che ha
            precorso  i tempi.  Paola  Del Din,  prima
            donna paracadutista italiana e l’unica ad
            aver compiuto un lancio di guerra durante
            il secondo conflitto mondiale. Nota
            durante la Resistenza italiana con il nome
            di battaglia “Renata”, è talmente speciale
            da essere stata citata persino da Re Carlo
            III: nel suo discorso al Parlamento italiano
            il 9 aprile scorso, il sovrano inglese ha
            voluto rendere omaggio al coraggio della
            donna, Medaglia d’oro al Valor militare,
            «addestrata  dal  Special   Operations
            Executive e lanciata con il paracadute per
            compiere la sua missione in supporto agli
            Alleati».
            Alla soglia dei 102 anni, la professoressa
            Del  Din  ha  voluto  ripercorrere  quelle
            azioni in una intervista con Informazioni
            della Difesa.
            Nata  il 22  agosto  del  1923  a Pieve  di
            Cadore, a ridosso delle Dolomiti bellunesi,
            Paola era una studentessa di Lettere con          accettato l’impresa, la mamma mi disse: “Devi farlo,
            il sogno di diventare insegnante. Figlia di un generale  sennò  Renato  è  morto per  niente”. La  responsabilità
            degli Alpini, la sua vita cambia quando suo fratello  di  consegnare  con  la  maggior  rapidità  possibile
            Renato,  anche  lui  Ufficiale degli  Alpini  e  fondatore  il messaggio scritto da Manfred, ufficiale SOE, era
            della prima formazione delle Brigate Osoppo-Friuli,  notevole perché bisognava raggiungere a Firenze
            viene ucciso dai nazisti a Tolmezzo (Udine), con altri  il comando avanzato del SOE per il quale avevo la
            dodici compagni, durante l’assalto a una caserma  parola d’ordine.
            della milizia fascista, nella notte tra il 24 e il 25 aprile  Il 9 aprile 1945 compie un’impresa inimmaginabile,
            del 1944, un anno prima della Liberazione.        molto pericolosa per quell’epoca: si lancia con il
            Da quel momento, la vita di Paola cambia radicalmente.  paracadute  nel  Friuli  occupato  insieme  ad  altri
            Decide di raccogliere l’eredità del fratello ucciso e  due agenti italiani per adempiere alla missione
            continuare la sua opera patriottica diventando staffetta  “Bigelow”.
            e informatrice durante la Resistenza. Addestrata dalle  Le mie vicende all’epoca sono state parte della storia
            forze britanniche, Paola Del Din, in onore del fratello,  italiana e perciò anche il mio essere in qualche modo
            sceglie “Renata” come nome di battaglia, quando  “agente del servizio segreto britannico” fu per cercare
            diviene  “agente  del  servizio  segreto  britannico”  per  di rendermi utile all’Italia. Il ritorno in Friuli con il
            rendersi utile all’Italia.                        paracadute finalmente trovò conclusione il 9 aprile
            La sua figura è stata fondamentale quale staffetta e  1945, da Rossignano in Toscana dove, nel frattempo,
            informatrice durante la guerra.                   si era trasferito il Comando. Mi era stato detto di
            Sono stata una formica rispetto all’immensità della  togliermi prima del lancio i guanti di lana (quelli di
            tragedia della guerra! Quando fui informata della sorte  pelle in dotazione agli inglesi erano enormi per le mie
            di mio fratello naturalmente mi proposi di svolgere  mani). Quando fu il momento giusto non mi ricordai,
            ulteriore attività. Qualche settimana dopo si presentò  mi lanciai rapidamente e le corde mi scivolarono. La
            la  necessità  di  portare  un  messaggio  importante,  botta fu notevole, ma allora pensavo che tutto sarebbe
            non trasmettibile via radio. Accettai la missione,  passato col tempo. Ed ero felice di aver continuato a
            senza alcun dubbio, nonostante la raccomandazione  fare la mia parte fino alla fine della guerra nel ricordo
            del comandante di riflettere perché nostra madre  di Renato, per la dignità e l’orgoglio della nostra
            aveva già perso Renato. Quando le comunicai di aver  famiglia.


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