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Antonio LO CAMPO
successi in serie nelle missioni e nei test spaziali da parte della compagnia di
Elon Musk, fanno inevitabilmente riflettere su una sorta di monopolio per la
futura conquista dello spazio e anche per lo sfruttamento delle orbite terrestri,
I a cominciare dalle costellazioni dei piccoli satelliti Starlink che si apprestano a
popolare le orbite basse terrestri in numero sempre maggiore e con utilizzi non solo
in ambito civile (telecomunicazioni e internet a banda larga), ma anche per la Difesa,
considerando il loro impiego nella guerra tra Russia e Ucraina. Oltretutto, la vittoria
elettorale di Donald Trump, conferma e rafforza ulteriormente le potenzialità di Musk
e SpaceX, compagnia che già da tempo garantisce l’accesso regolare all’orbita bassa
terrestre per le missioni con equipaggio e che presto, con le sue capsule “Dragon”,
garantirà anche la corretta quota orbitale della Stazione Spaziale internazionale,
andando a sostituire le Sojuz e Progress russe.
Facciamo dunque il punto, sulla scia degli ultimi successi (e record) dei voli di SpaceX,
con uno sguardo anche ai progetti spaziali in ambito difesa da parte dell’Italia.
IL TRAGUARDO STORICO DI STARSHIP 5
Per la prima volta, un razzo alto 72 metri, cioè quello che aveva messo regolarmente in
orbita la Starship (le due componenti assieme raggiungono quasi 120 metri d’altezza)
è tornato sulla Terra ed è stato afferrato dai bracci metallici della torre di lancio
chiamata “Mechazilla”, della base di Boca Chica, in Texas, da cui era partito 5 minuti
prima sotto il solito vulcano di fiamme.
Ma ciò che ancor più stupisce, è che un’operazione così complessa sia stata centrata
al primo colpo. E anche la Starship, dopo avere effettuato la sua corretta traiettoria
spaziale, è ammarata nell’Oceano, in attesa di poter anch’essa effettuare atterraggi
in vista dei suoi futuri impieghi per le missioni sulla Luna. Un sesto test si è svolto a
novembre 2024, mentre nel corso del 2025 è in programma il test di rifornimento di
combustibile in orbita tra due astronavi Starship. Preludio dei viaggi verso la Luna del
Programma “Artemis”, il cui primo sbarco è previsto per fine 2026.
Elon Musk da tempo è convinto che grazie ai suoi progetti, prima o poi i voli sulla
Luna e su Marte diventeranno regolari, se non proprio come voli di linea, ma quasi.
Ecco perché considera importante disporre di mezzi che possano recuperare tutto
ciò che ha costi molto alti, come un super vettore, una grande astronave, e quindi
una costosa missione spaziale. Il tutto ci riporta a una delle grandi domande degli
ultimi decenni: perché l’uomo è andato sulla Luna, solo in quei tre anni dal 1969 al
1972, e poi non vi è più tornato? Al di là delle ormai annose (e noiose, oltre che
inutili) tesi complottistiche, la ragione principale è proprio quella dei costi:
all’epoca la tecnologia non permetteva ancora di realizzare imprese come quelle
attuali.
ARTEMIDE, SORELLA DI APOLLO
Il gigantesco razzo Saturn V delle missioni Apollo partiva e non si recuperava nulla,
tranne ovviamente la piccola capsula coi tre astronauti che ammarava nel Pacifico.
Una missione lunare aveva un costo di circa 500 milioni di dollari, a cifre del 1970 (da
tradurre in cifre attuali).
Nel quinto test, il razzo Super Heavy ha rilasciato la sua astronave a due minuti dal
lancio ed è tornato a terra, come fanno da tempo i più piccoli (o meno massicci) razzi
Falcon 9 che però atterrano con il supporto di tre zampe telescopiche di atterraggio.
Invece Super Heavy, che alla base ha ben 33 motori a metano e ossigeno liquidi ed è
Lancio di Statship
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