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L’Iran dopo la morte del presidente Ebrahim Raisi





















































             Immagine generata con Intelligenza Artificiale

             il legame di Ali Larijani con il Rahbar, il leader supremo. L’arena politica della Repubblica islamica è liquida,
             nel senso che gli attori si muovono – nel tempo - da un campo all’altro. Ed è così che Larijani, inizialmente
             considerato un conservatore, si è poco alla volta trasformato in un moderato, con opinioni più aperte in ambito
             economico e di politica estera, nonché sulla questione nucleare tant’è che nel luglio 2015, durante la presidenza
             di Hassan Rohani (2013-2021), aveva appoggiato l’accordo nucleare (JCPOA, il Joint Comprehensive Plan of
             Action) firmato con i 5+1, ovvero con i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite
             più la Germania.
             Nelle elezioni presidenziali del 2021 Larijani era percepito dall’opinione pubblica iraniana come il successore
             naturale di Rohani. La sua candidatura era stata però bocciata dal Consiglio dei guardiani: lo spostamento di
             campo gli era costato l’inimicizia dei conservatori e degli ultraconservatori. Una bocciatura, questa, che pare
             avesse colto di sorpresa anche il leader supremo Khamenei, che nel 2021 aveva chiesto al Consiglio dei guardiani
             di rimediare a quella che riteneva essere una ingiustizia. La mediazione del Rahbar non servì a granché: Larijani
             veniva biasimato per la grave crisi economica, ma anche per uno stile di vita non morigerato, come richiesto
             ai funzionari dello Stato. A peggiorare la situazione, era stata la denuncia di appalti ai figli, i quali erano anche
             ritenuti colpevoli di recarsi troppo spesso all’estero, anche in Occidente. Inoltre, uno dei figli risiede negli Stati
             Uniti e altri parenti stretti hanno proseguito gli studi nel Regno Unito. Di fatto, attaccare il clan Larijani era stato
             un modo per spianare la strada all’elezione di Raisi.



            Rivista dello Stato Maggiore della Difesa                                                     21
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