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Ilaria ROMANO
ppure Mosul porta ancora i segni del passaggio dell’Isis e della guerra di note
liberazione del 2017, e oltre ad attraversare un lungo periodo di ricostruzione Lab iumquod quam
quas sus earchitate
del quale è difficile prevedere la fine, stenta anche a liberarsi dell’eredità numqui ommolup
Epesante di quegli anni di oscurantismo, perché gran parte dell’Iraq e del resto tatatiur, ium quas
del mondo la associano ancora al terrore. doluptu reribus nimus
eum ut et, con non
“All’inizio il messaggio del Daesh ha fatto breccia fra le persone meno istruite e più con exceruntUgiation
povere, che da anni si sentivano abbandonate e discriminate dallo Stato perché sunniti, ratur? Quiduciuntio
e hanno creduto che qualcosa sarebbe cambiato in meglio, con un nuovo governo blab idebit laut quid
et a veliquia nem. Im
che prometteva di riportare l’ordine in città – ricorda Hassan Aziz, coordinatore delle sim quatiist
squadre di sminatori al lavoro per bonificare la città vecchia dagli ordigni inesplosi
– quando sono cominciate le prevaricazioni, le punizioni corporali e le esecuzioni
di piazza, la distruzione delle infrastrutture e la requisizione dei beni privati hanno
capito, ma era troppo tardi.”
Nato e cresciuto nella “Old Mosul”, Hassan ha perso due fratelli durante il “califfato”, e
dopo essere riuscito a fuggire nel vicino Kurdistan iracheno, ha deciso di tornare a casa
per contribuire alla ricostruzione. Oggi lavora per Tetra Tech, una società americana
che da due anni coordina la bonifica di ciò che resta di strade e edifici, in modo che le
macerie possano essere spostate senza il rischio di saltare in aria.
Le zone messe in sicurezza sono contrassegnate da mattoni dipinti di bianco e dalla
scritta “safe”, le altre delimitate da un
nastro e da mattoni rossi. Non di rado,
lungo questi vicoli stretti, si trovano
pietre bicolore, a segnare la linea sottile
fra il pericolo e un percorso sicuro.
Il progetto di Tetra Tech, in collaborazione
con diverse organizzazioni locali e
con il Governo iracheno, prevede
anche l’educazione della popolazione,
in particolare dei bambini, al
riconoscimento dei simboli che indicano
un potenziale pericolo di esplosione.
L’eredità della guerra è anche questo:
ordigni improvvisati disseminati nelle
case dai miliziani asserragliati nell’ultimo
tentativo di resistenza, poi seppelliti
sotto le macerie dai bombardamenti.
Ogni cittadino di Mosul, anzi, ogni
cittadino iracheno che oggi abbia più di
sette anni ha vissuto almeno un conflitto: i bambini e gli adolescenti hanno in mente i © https://www.wa-
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tre anni del califfato, i giovani anche la guerra del 2003, con l’intervento dell’alleanza policy-analysis/iraq
a guida americana e la caduta di Saddam Hussein, gli adulti ricordano pure la prima
Guerra del Golfo e il conflitto con l’Iran.
Nel 2014 l’espansione dello Stato Islamico in Iraq e Siria ha portato il Governo iracheno
a chiedere supporto alla comunità internazionale per un intervento militare: ne è nata
l’Operazione Inherent Resolve, ancora in atto, con il coinvolgimento di 84 nazioni fra
cui l’Italia, che con l’Operazione Prima Parthica continua ad occuparsi della formazione
delle Forze Armate e delle Forze di Polizia locali, per il contenimento della minaccia
terroristica, tuttora presente sul territorio con diverse sacche di resistenza.
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