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La crisi russo-ucraina, entrata nel suo terzo anno di scontro bellico tra due soggetti di
diritto internazionale, continua a tenere col fiato sospeso la comunità internazionale.
Desta apprensione l’annuncio delle autorità del Cremlino di voler lanciare un’arma
nucleare nello spazio extra-atmosferico o cosmico, all’esterno del nostro pianeta,
ovvero all’esterno dell’involucro che lo circonda. Lancio considerato come una grave
minaccia alla sicurezza mondiale. L’obiettivo di Mosca sarebbe quello di prendere di
mira i satelliti dei paesi occidentali nello spazio, paralizzando le comunicazioni e i
sistemi di puntamento militari.
È ben noto che il dispiegamento di armi di distruzione di massa in orbita costituirebbe
una chiara violazione del Trattato sui “principi che regolano le attività degli Stati
nell’esplorazione e utilizzazione dello spazio extra-atmosferico, inclusa la Luna e gli
altri corpi celesti” del 1967, ratificato da molti Paesi.
L’Italia ha ratificato il Trattato con la legge n.72 del 21 marzo 1970. Su questo punto va
delineato che gli Stati s’impegnano a non mettere in orbita attorno all’orbe terrestre
alcun oggetto portatore di armi nucleari o di ogni altro tipo di armi di distruzione di
massa per fini militari, a non installare tali armi su corpi celesti e a non collocarle,
in ogni altro modo, nello spazio cosmico. Molto verrà fatto dipendere dalla qualità
dell’intelligence, da quali tecnologie esattamente impiegano le armi in questione, se
esse equivalgano effettivamente ad armi di distruzione di massa e come le autorità
governative di Mosca intendano dispiegarle: pianificare come mettere un’arma nucleare
nella stratosfera, nel senso di posizionarla in orbita attorno al pianeta, per esempio,
oppure collocare tali armi nucleari sui corpi celesti o, una terza possibilità, piazzare
tali strumenti di distruzione di massa nello spazio in qualsiasi altra maniera. La Russia,
in tal modo, andrebbe a scontrarsi contro il regime giuridico del Trattato sullo spazio
cosmico. La dicitura corpi celesti viene comminata nel Trattato de quo, ma non ne
viene data una definizione, riferendosi così a tutti i corpi celesti tranne la Luna. È
interessante sapere che i governi britannico, russo e statunitense sono ritenuti, in
maniera collettiva, responsabili della gestione del Trattato de quo, che aprirono alla
firma, facendolo entrare in vigore nell’ottobre dello stesso anno.
Semmai la Federazione russa dovesse concretamente intraprendere la decisione di
avviare il lancio di armi di distruzione di massa, rischierebbe di violare la Carta delle
Nazioni Unite, in particolar modo la norma imperativa, durevole e inattaccabile, che
è stata descritta come la pietra miliare e cardine per un ordine mondiale pacifico,
contenente un chiaro divieto al ricorso allo jus ad bellum nelle relazioni internazionali.
Ci si riferisce all’articolo 2, paragrafo 4 che sancisce sia il divieto da parte degli Stati di
ricorrere allo strumento bellico sia qualsiasi utilizzo o minaccia della coercizione intesa
come manu militari, nel senso che ciascuno Stato membro deve in, modo categorico,
astenersi dalla minaccia o dall’uso della forza contro i pilastri riconosciuti agli Stati quali
quello della sovranità piena, dell’integrità del territorio e dell’indipendenza politica e in
qualunque maniera non compatibile con i fini enunciati nella Carta onusiana.
Se uno Stato schiera un’arma nucleare nello spazio atmosferico e la impiega con lo
scopo di danneggiare o distruggere un satellite artificiale appartenente a un altro
Stato, non resta che ritenere che una simile condotta possa essere considerata
un’azione coercitiva di forza in violazione del citato articolo. A seconda della natura
e dell’importanza nazionale dei servizi forniti dal satellite attaccato, degli effetti
dell’attacco sulla fornitura ininterrotta di tali servizi e dell’entità del danno, della
distruzione sino alla cessazione di tali servizi, si può considerare che un analogo attacco
possa costituire una forma molto grave dell’uso della forza. In queste situazioni, si
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